giovedì 29 marzo 2012

Mario Berlusconi

La lezione di Mario sbarca in Europa: i paletti per incrociare le braccia

i nostri commenti: (Nicola, Monica, Francesco)

In Spagna saremo i primi, domani, a sperimentare sulla nostra pelle -a fare da cavia, direi-  un'ulteriore compressione di un diritto fondamentale dei lavoratori, quello allo sciopero. Governo ed industriali per lo sciopero generale di domani si stanno già attenendo da giorni alle indicazioni di un nuovo testo in materia di sciopero dell'UE che esattamente un anno fa Barroso chiese a Monti di redigere: la sostanza è che si potrà scioperare solo se ciò è compatibile con "gli interessi economici", cioè mai.
La situazione qui è drammatica, in ben 8 regioni non sono stati nemmeno raggiunti gli accordi sui servizi minimi durante lo sciopero, perché il clima che regna è quello della minaccia e del ricatto degli impresari soprattutto sui lavoratori di piccole e medie industrie. Il messaggio è:sciopera pure, che dopodomani (che è quando qui si approverà la riforma del lavoro) avrò libertà assoluta di licenziare. Ed inoltre aleggia con forza sul paese lo spettro della necessità di un riscatto alla greca per ristrutturare il sistema bancario.
Il ritorno alla sana lotta di classe ormai ha senso solo se coinvolge l'Europa intera.


in Germania pero’ la concertazione ha funzionato, no?A mio parere, non e’ il metodo che e’ sbagliato in sé, ma, nel contesto del sistema italia degli ultimi 30 anni, gli attori e i contenuti erano scarsi.
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vero ed infatti io parlo dell'italia, non della Germania. a parte il fatto che negli ultimi 10 anni i crucchi han fatto i soldi sulle spalle degli altri, e quindi c'era molto meno conflitto distributivo, cmq in germania esistono istituzioni (consigli di fabbrica x esempio, a cui in realta' sono affidte le sorti dei licenziati, altro che ricorso al giudice...) e un modello di relazioni industriali che non si puo' ridurre alla concertazione, come x altro anche in italia. soprattutto in germania esiste storicamente un padronato meno straccione e gretto del nostro, che aiuta un bel po'. se fai concorrenza sull'innovazione e sulla qualita' e non sul prezzo e i bassi salari, ovviamente la concertazione ha tutto un altro effetto, in italia i profitti sono funzione dei costi (da ridurre, quindi), in germania dei ricavi. bella differenza, no?il tutto per dire che in italia secondo me il sindacato deve tornare a fare il sindacato, cioe' a lottare. a forza di accordi al ribasso, non c'e' ormai piu' niente da abbassare, quindi ci vorrebbe piu' fiom e meno camusso (o cofferati, che era uguale....). con la scusa della resposabilita' e degli interessi generali si son bastonati i lavoratori, ma non si capisce xche' quando c'e' una emergenza non si decide che si possono e si devono comprimere i profitti. e quindi e' ora di tornare ad una sana logica di lotta di classe, che quella si ha funzionato in italia nel passato. se i padroni son piu' forti, vinceranno, tanto gia' lo fanno da 30 anni. ma il lavoro deve avere una sua voce. nelle fabbriche, e possibilmente pure in politica, che da quando e' sparito il pci le cose si son messe molto male. pds, ds, pd, sempre a forza di mediare tra forze sociali, hanno lasciato a culo nudo i lavoratori. ci vuole invece un partito del lavoro e secondo me il sindacato, dato che se no ci affidiamo a vendola, dio me, dovrebbe farsi carico pure di quello, quantomeno con un supporto forte alla creazione di un vero soggetto politico di sinistra. le 2 cose, e' ovvio, van di pari passo.
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beh che dire, quello dell'intervento sul diritto di sciopero mi pare un manifesto ideologico importante, da non sottavalutare. alla faccia del tecnico.
ribadisco, urge fermare sta cosa. se si decide di appoggiare hollande in francia, che promette tutto il contrario di quello che sta facendo monti, bisogna poi essere coerenti. staccare la spina a sto gruppo di infoiati prima che sia tropop tardi.

lunedì 26 marzo 2012

giovedì 22 marzo 2012

E il PD?

Lavoro, la fine del Pd, di Fabio Sabatini da Micromega

Crisi di nervi nel PD sulla riforma del lavoro di Daniela Preziosi da Il Manifesto (via controlacrisi.org)

manie di protagonismo della madonna che piange sangue altrui

Le zanne di madamin Fornero e lo scalpo dell’articolo 18

Di Pierfranco Pellizzetti da Micromega

Licenzia, licenzia, licenzia


La truffa dell’indennizzo per avere mano libera sui licenziamenti

Di Maria Mantello da Micromega.

Clicca sul titolo per leggere gli articoli

Licenzia Italia e la memoria fragile di Alessandro Gilioli, da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it

Il ritorno del conflitto: L'amaca, di Michele Serra

Articolo 18, il bottino che vogliono portare a casa di Alberto Piccinini da Il Manifesto (via controlacrisi.org)

L’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro?

Di Domenico Gallo, da Micromega.
L'articolo QUI

Giannini riscopre il conflitto

Il velo strappato

da Repubblica.

martedì 20 marzo 2012

Napolit-ano

 Nicola ci invita alla lettura

Il fatto
un'altra politica. Ma con chi?

fisco e privacy, befera risponde al garante
Il garante della privacy dice che l'inasprimento dei controlli è uno strappo allo stato di diritto? ma da quand'è che lo stato di diritto si basa sul non rispetto delle leggi? ma stiamo scherzando? Allora pure se rubo in banca mi piacerebbe che ci fossero pochi controlli, perchè se fai troppe indagini ledi la mia privacy...
e non solo, la tripartita si oppone ad una lista degli evasori? E in base a cosa? Son criminali o no? fosse per me andrebbe sulla fedina penale, ma che almeno abbiano una fedina tributaria, no? ammazza che vergogna, e poi raccontano pure che vogliono lottare contro l'evasione...

i rottamatori preparano la scalata al Pd

Bersani che potrebbe forzare alcuni signori del PD a mollare le redini. E' ovvio che c'e' una parte del pd che tifa monti anche dopo il 2013, che vuole andare con casini e che casini andra' con silvio sostenendo un passera/monti bis. E su quello bersani (che non stimo, ma che, poveretto, sta cercando di fare quel che puo' in sto casino) e amici devono rompere, per ricollocarsi a sinistra, un vero partito socialista in cui a quel punto dovrebbe confluire gran parte di sel, mentre il resto dovrebbe dar vita ad un partito serio di sinistra (fds, idv, fiom, movimenti), alleato del nuovo pd.
non e' una cosa semplice, capiamoci, ne' probabile, ma e' l'unica vera uscita da sto impasse, e d'altronde il pd non funziona e lo sappiamo tutti e l'arrivo dei tecnici porta per forza ad un rimescolamento generale.

ovviamente, so to say, era meglio semplicemente andare a votare a novembre quando si poteva, si sarebbe vinto, non si avrebbe avuto nessun monti, e berlusconi sarebbe morto. Ma grazie a quel duo di vecchi stronzi, Napolitano e Scalfari, hanno messo Bersani nell'angolo e gli han fatto la pelle. Ora c'e' bisogno di un momento di coraggio. La crisi deve portare a qualcosa di nuovo, il blairismo, il liberalismo di sinistra (che comunque mai e' esistito), e pure l'ulivismo son morti, non si puo' tenere insieme padronato, banche e lavoro. Se ne e' accorto pure giannini, che e' dire tutto. si sta da una parte o dall'altra, e il pd come e' ora e' in mezzo al guado, inutile e perdente.


Moniti e pulpiti (Marco Travaglio)

qualcosina ancora sull'attivismo semi-golpista del quirinale, che un giorno ci dice che non si puo' occupare di cose che non lo riguardano (tipo tensioni sociali in val susa) e il giorno dopo si inserisce come player nella trattativa sul lavoro


Fisco e privacy, Befera risponde al Garante
 Quei sospetti di Bersani per l'interventismo del Quirinale



Come si appoggia il governo, purtroppo, non e' una varabile indipendente. Il peccato originale e' stato andare con Berlusconi e Monti, d'altronde non si capisce perché' si dovrebbero fare alleanze tra chi sostiene le reazioni (non chiamiamole riforme, per l'amor del cielo) del governo Monti e chi le oppone. E questo dovrebbe valere non solo per Bersani, ma pure per Vendola. Se si vota una cosa, e gli altri (non) votano contro (in quanto non in parlamento), che tipo di allenze vogliamo costruire?
il tutto grazie al vecchio carrista che sta al quirinale, con un amore per la democrazia tipico degli stalinisti che erano lui e Amendola...

e il vecchio infame continua
Napolitano: 2012 anno difficile l'unica strada é quella dell'austerità



Monica proponde questa lettura
"Il PD scarica la Fiom e si allea con Marcegaglia: stipendio ridotto ai neo assunti

Il feeling Marcegaglia-Marchionne non si è mai esaurito, anzi, mette al mondo applicazioni che vanno oltre il settore auto e raggiungono l'acciaio. Con la complicità dei sindaci del PD ed in nome dell'"economia di guerra". Sempre la solita guerra tra chi ha quasi niente e chi avrà ancor meno.

lunedì 19 marzo 2012

Il Polillo-show continua

"Le gaffe del sottosegretario Un Letterman senza ironia Irrise la Fornero Ora Polillo è conteso dai talk show"
Dal "Corriere". L'articolo QUI

La Spagna che cancella Zapatero

Di Concita de Gregorio da "Repubblica".
L'articolo QUI

Caro Monti la Grecia è vicina

Di Fabrizio Scarpinati (via Micromega), da "Il Fatto Quotidiano"
L'articolo QUI

All’origine del mondo contemporaneo: la Comune di Parigi (1871) e la Rivoluzione dei Taiping (1851-1864)

L'articolo QUI.
Da Punto Rosso (via controlacrisi.org). Di Samir Amin.

Monti, Marchionne e l'estremismo liberista

Da "Micromega".
L'articolo QUI.
Di Lelio Demichelis.

Lidia Menapace: Beni Comuni

L'articolo QUI

domenica 18 marzo 2012

Perché bisogna difendere il modello del welfare

Di Massimo Giannini, da"Repubblica" del 14 marzo 2012 (via Micromega).
L'articolo, segnlato da Nicola Melloni, cliccando QUI.

martedì 13 marzo 2012

la piazza e l'unita' a sinistra

C'è molto più coraggio in Italia che in altre parti di quest'Europa in recessione di democrazia e identità. La Spagna si prepara ad uno sciopero generale per il 29 prossimo in cui i sindacati stessi, pur uniti nel convocarlo, sanno che l'adesione sarà quasi sicuramente infima e ad uscirne rafforzato sarà il governo. Eppure c'è in gioco una riforma del lavoro dura quanto quella italiana e senza nessuna trattativa aperta. Le gente ha paura di perdere anche il posto più precario e non si può permettere di rinunciare a una giornata di stipendio: e accade nel paese simbolo dell'indignazione solo lo scorso maggio.
Per questo le immagini di Roma dello scorso venerdí valgono doppio e devono per forza spingerci finalmente a pensare una sinistra nel senso indicato da Ferrero ( ci aggiungiamo De Magistris, che l'abbiamo detto più volte qui e sul blog che ci piace): lasciando fuori chi si separa volontariamente dalla democrazia e gioca a tentennare fino all'ultimo. Chi era in piazza il 9 reclamava con forza anche di poter tornare a credere nella politica.

lunedì 12 marzo 2012

STAMPA DI REGIME


cgil, tav, art.18
l'articolo 18 non sia uno scalpo

Scalfari e la stampa di regime
se cento giorni vi sembran troppi

ma non avevan detto che il compito della stampa era fare le pulci al potere e tenere sotto controllo l'esecutivo? ora invece va bene fare il megafono? e addirittura dare lezioni alla stampa che non si accoda?
proprio grandi amanti della liberta' quelli di repubblica, sembrano un po' gasparri, dalla parte della liberta' solo quando piace a loro..vorrei sapere in che altro paese il direttore (pur onorario) del primo o secondo quotidiano del paese (col secondo o primo che dice le stesse cose, seppur con un po' meno sdilinquimento..) scrive un peana in prima pagina del governo...forse in russia! 

domenica 11 marzo 2012

Sindacalisti in prima linea, in Sicilia il nuovo Placido Rizzotto fa paura a Cosa nostra

LINK IL FATTO

Sindacalisti in prima linea, in Sicilia il nuovo Placido Rizzotto fa paura a Cosa nostra Vincenzo Liarda da mesi si batte per restituire alla società civile un bene sequestrato al defunto boss Michele Greco, ma ancora nella disponibilità degli eredi del padrino Corleone, marzo 1948: Placido Rizzotto, sindacalista siciliano della Cgil, ha solo 34 anni. L’allora capo dei capi dei corleonesi Luciano Leggio, detto Liggio, ordina di ucciderlo. Il suo corpo crivellato verrà gettato nelle foibe di Rocca Busambra. Aveva dato troppo fastidio al padrino con le sue continue proteste e le occupazioni delle terre. Polizzi Generosa, provincia di Palermo, settembre 2010. Sessantadue anni dopo un altro sindacalista della Cgil, il44enne Vincenzo Liarda entra nel mirino del clan i Madonia, storicamente alleati ai viddani di Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Placido e Vincenzo. Due storie parallele. Di sindacalismo militante, di lotta alla mafia e passione legalitaria. Ma anche di solitudine e silenzio. Oggi come allora. E come Rizzotto, anche Liarda, che vive sotto scorta 24 ore su 24 dal 2 settembre, parla molto: “Liberiamoci dal potere mafioso”. Lui, in testa, ha un obiettivo: strappare il Feudo Verbumcaudo ancora in mano ai boss. Centocinquanta ettari di terra sequestrati dal giudice istruttore Giovanni Falcone nel 1987 a Michele Greco, detto il papa. Il capo della cupola, morto in carcere il 13 febbraio 2008, che all’ultima udienza del maxiprocesso a Cosa nostra, nel novembre 1987, si rivolse al presidente del Tribunale Alfonso Giordano in questo modo: “Io desidero fare un augurio. Vi auguro la pace signor Presidente”. E ancora: “Sono parole di Nostro Signore”. Un atto intollerabile per i boss locali. Nel 2010 il sindacato in Sicilia torna a combattere contro il suo nemico storico. La mafia.

“Se gli tocchi i beni, la mafia s’incazza”. Vincenzo Liarda lo dice con la sua faccia di bronzo. In paese da ragazzo lo chiamavano così, faccia di bronzo. E’ un sindacalista vecchio stampo, cita Giuseppe Di Vittorio, lo storico segretario della Cgil che guidò il sindacato nel difficile dopoguerra: “Intuì prima di tutti l’importanza dello statuto dei lavoratori”. E papa Wojtyla: “Bisogna lavorare tutti per il bene comune”. Quando il presente diventa duro da raccontare, arriva il passato a soccorrerlo: “Da sempre sognavo di entrare nel sindacato. A 16 anni partecipavo a riunioni molto appassionate e a dibattiti in sale dove la nebbia delle sigarette era impressionante”. Mentre parla, in cucina la figlia di 10 anni, Gloria, gioca con la mamma Stefania. “Quello che ho fatto, lo rifarei. Ma certe volte penso a loro, penso che ci rifletterei abbondantemente”.

Tutto inizia il 27 marzo 2007. A Polizzi, un paese di 4.000 anime. Il sindacalista interviene a un comizio nella piazza centrale. “A Polizzi c’è bisogno di sviluppo economico. Bisogna liberarsi dalla morsa della mafia. Bisogna liberare il Feudo Verbumcaudo”. Un bene confiscato solo sulla carta. Liarda non può chiudere gli occhi. Vedere gli uomini dei boss, i Battaglia, coltivare quei 150 ettari di terra. “E’ mai possibile? Si chiede. Così il sindacalista, affiancato dall’associazione Libera di don Ciotti e dal senatore del Pd e membro della commissione antimafia, Beppe Lumia, inizia una dura battaglia. A Polizzi, si susseguono dibattiti pubblici a cui partecipano politici e personaggi dell’antimafia. Si torna alle occupazioni simboliche delle terre. Liarda costringe i vertici nazionali del sindacato e della politica a interessarsi: “Sono giorni di speranza per il paese. Tutte le istituzioni mi sostengono. In una terra martoriata finalmente arriva la politica con la P maiuscola”. L’obiettivo finale è destinare il bene all’uso sociale, come previsto dalla legge Rognoni La Torre, e in particolare al lavoro dei giovani delle cooperative di Libera.

Ecco come il nome di Vincenzo Liarda viene scritto sula lista nera dei clan. Lui, però, va avanti. “Quando la gente dice che il sindacato non c’entra più nulla con quello di prima, ha ragione. Però i coglioni come me ci sono sempre, e non sono il solo, per fortuna”. Inevitabili arrivano le minacce. Tante. Ripetute. L’ultima, la più grave: una foto di Falcone e Borsellino, poco sotto quella di Liarda e Lumia. E la scritta: “Non siete importanti come loro, ma finirete peggio”. La lettera arriva a casa, senza timbro postale il 24 agosto scorso.

Non è la prima volta. In quattro mesi riceve una lunga serie di atti intimidatori: proiettili, avvertimenti a smetterla con la campagna per l’assegnazione del feudo a Libera. Alcune lettere arrivano alla sede della Cgil di Polizzi: “Fermati Liarda”, gli scrivono. Il 15 luglio ne arriva una diversa dalle solite, dentro c’è della polvere da sparo: “Un po’ di questa basta a farti stare zitto”. Dalle lettere i boss passano ad altri metodi, un po’ più “soft”. Un pomeriggio d’agosto, il sindacalista incrocia lo sguardo minaccioso di un uomo dentro un bar del paese. Si avvicina e gli chiede: “Ma a tia cu tu fa fari?” Ma pensa alla tua vita, alla tua famiglia, alle tue cose”.

Ma questo non basta a fermarlo. “Io sono testardo, quando incontro qualcuno di loro per strada non ho paura a guardarli negli occhi, a fargli capire che non mi fermeranno”. I boss, però, alzano il tiro. Il 30 settembre, alcuni uomini entrano nella casa di campagna, dove il sindacalista va con la famiglia d’estate. A colpi d’accetta distruggono gli ulivi.

Liarda, però, va avanti. Meglio non pensarci e lavorare. Anche se la storia del sindacalismo in Sicilia è soprattutto una storia di sangue. Sull’isola, dal 1860 (data di nascita dello Stato italiano) a oggi, 56 sindacalisti sono stati uccisi da Cosa nostra. Nomi di uomini che hanno pagato la volontà di contrastare i potenti latifondisti. Una lunga battaglia sfociata nell’annus orribilis della strage di Portella della Ginestra: primo maggio 1947, giorno della festa dei lavoratori, 11 morti 56 feriti. Ma la violenza mafiosa non ferma il movimento contadino. Un anno dopo, Epifanio Lipuma e Placido Rizzotto infiammano ancora le piazze sino a quando ne avranno possibilità.

“Altri tempi – taglia corto Liarda – . Non ho fatto le lotte che fece Rizzotto a Corleone nel dopoguerra. Allora i contadini lottavano perché non avevano scelta. Sfiancati dai latifondisti, dal loro strapotere, spesso esercitato con la complicità delle autorità. Oggi invece si può scegliere. I cittadini possono decidere. Io chiedo solo un diritto, e lo faccio con l’appoggio e la protezione totale delle istituzioni”. Sospira, pensa alla sua vicenda e alla strategia dei boss: “Mi hanno fatto terra bruciata attorno. Per due mesi e mezzo me ne sono fatta una ragione. Non può essere la battaglia del solo Liarda perché se oggi il problema è di Polizzi, domani sarà di un altro paese d’Italia. Così non si vive”.

giovedì 8 marzo 2012

Fiom e il 9 marzo

"Perché ci saremo"
Di Claudio Sardo da "L'Unità".
Leggi l'articolo QUI.

"Fiom, le ragioni per esserci. Perché dico no al PD"
Di Furio Colombo da "Il fatto quotidiano".
Leggi l'articolo QUI .

martedì 6 marzo 2012

Sempre TAV

Tav e mafia, di Roberto Saviano da "Repubblica":
"Le mani della mafia sui cantieri".
Per leggere l'articolo clicca QUI.

La Fiom con i no-Tav
di Marco Imarisio dal "Corriere".
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Dal "Manifesto" la lettera di Angelo Tartaglia a Monti.
"Espulso dall'Osservatorio perché critico".
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L'alta tensione di Bersani in tv

Di Andrea Scanzi da "Il fatto quotidiano", 3 marzo 2012.
Per leggere l'articolo clicca QUI.

La vera malattia che piega l'Europa

Di Paul Krugman da "Repubblica", 28 febbraio 2012.
Per leggere l'articolo clicca QUI.

lunedì 5 marzo 2012

Pedaliamo

Da Berlino, piano bipartisan per combattere il caro-benzina.
Da "Repubblica": "Più piste ed incroci hitech, cosí Berlino diventerà la capitale delle due ruote"

(clicca sul titolo per leggere l'articolo)

Scalfari e la strana gioventù

Da "La Repubblica" del 4 marzo 2012, l'editoriale di Scalfari su no-tav, mafia e dopo-Monti. Inquietante. Una strana gioventù che odia la velocità.
(Clicca sul titolo per leggere l'articolo)